Drammaturgo del teatro italiano, Pier Maria Rosso di San Secondo (Caltanissetta 1887 – Lido di Camaiore (Lu) 1956) è stato uno degli autori più incisivi e produttivi del verismo. Pirandello definì il suo teatro “dionisiaco” perché i personaggi sono invasi da un’ardente passione divoratrice: non hanno carattere, sono loro stessi tormento, e basta un cenno esteriore per distinguerli. La sofferenza sentimentale li ha induriti. Sono persone senza identità e simbolo di proiezioni poetiche. L’arte di Rosso è principalmente fiabesca e lirica. Tutta l’opera dell’autore fa perno sul contrasto fra Nord e Sud. Le vicende che si narrano non sono mai dei veri e propri intrecci e non esigono di essere presi alla lettera; esse rimandano sempre a qualcosa che è al di là della loro esteriorità. Le sue commedie sono delle avventure colorate, degli incubi, a volte dei deliri dove più che la costruzione vale la scena, l’episodio, l’atmosfera che si viene a creare. L’opera di maggior successo è “Marionette che passione!” Cinque anni dopo, nel 1923 scrive La danza su di un piede che rappresenta il dramma, l’azione dell’impossibilità d’intendersi, dell’incomprensibilità di rapportarsi e di capirsi.
In questo adattamento, intitolato Danza onirica tenendo fede allo stile e alla poetica di Rosso, ne scaturisce una meta-teatralità, un teatro nel teatro che rasenta l’ultra-terreno, che travalica verso la psicanalisi facendo leva sui miti greci.
La danza rappresenta il sentimento, come simbolo degli umori dell’uomo: il piede il fulcro su cui questi umori fanno leva per potersi manifestare. I fash-back costruiti permettono allo spettatore una riflessione sullo studio dei personaggi rapportandoli alle tematiche attuali dell’esistenza: nella vita si recita, nell’Arte si cerca la verità. Nell’attimo in cui si decide di essere “artisti” si deve essere consapevoli che si è soggetti a critica: si giudica, pertanto, si distingue. L’uomo è dunque un “artista”, fin dalla sua nascita e diviene, al tempo stesso, un criticante nei confronti dei suoi simili: io giudico, pertanto, distinguo.